Giuseppina Di Leo
L’uomo onda, Il viale dei platani

foresta-amazzonica-il-cuore-del-brasile

All’inizio fu il silenzio e la terra era feconda
foreste lussureggianti racchiudevano suoni di vento
e nel mare era nascosta la voce profonda di un amore
sarebbe arrivato sulla riva nelle vesti di uomo scolpito
dal flusso delle onde, sarebbe salito sulla parte alta
e avrebbe poi urlato al silenzio il suo segreto.

«Dalle tasche del mare altri suoni arriveranno», disse al giovane fiore
e così parlando pensò lo avrebbe colto nel sonno di un’estasi.
«Si giunge lontano stando fermi», gli rispose allora il fiore
«nessuno tra noi due sa chi per primo cederà il suo stelo
al vento». Non si sa se fu lo stato di paura, irrazionale quanto basta
foriero e preannuncio di ogni altro eco terrifico a portarlo via
ma a quel dire colpì dapprima la terra sollevandola
con le mani aperte rivoltò più volte la zolla, afferrò poi
il bastone potente del comando e percosse con quello
stelo a stelo ogni singolo filo d’erba; ogni singolo gambo
si abbassò diventando tutt’uno con la terra
afferrò nuovamente con due mani la spada
l’elsa della forza lo istigò a tracciare scavi profondi nelle viscere
la terra rimasticava le sue radici d’oro e la farfalla si tramontò
in bruco e il bruco in terra, mentre l’uomo continuava a far
marcire nel sonno il silenzio prezioso di un tempo. La parola attesa
si trasformò in bestemmia, la bestemmia in rancore
fino a quando il fiore del silenzio si aperse in rosa di sangue
con due ali sui fianchi scese nell’imbuto del tempo
fino a che insieme al tempo non si squarciò il dolore.
(2012/ ott. 2013)

Di leo  gitanaFoto di G. Di Leo

Il viale dei platani

Gitana addormentata in fondo al tuo vestito
a rose antiche.

Ah, guardare la strada ad altezza di naso!
I sensi appaiati ai tubi di scappamento!
Accogli gas dal basso e una stretta di parole,
retrogusto acidulo da inspirare. E disprezza
il prossimo tuo altrettanto profondamente.
(ott. 2013)

7 commenti

Archiviato in RICERCHE

7 risposte a “Giuseppina Di Leo
L’uomo onda, Il viale dei platani

  1. emilia banfi

    la tua prima poesia come una favola mi è molto piaciuta, mi ha emozionata fino alla fine ed è stato come una visione che si sprigionava dentro i miei occhi e nel mio cuore , una poesia da tenersi dentro sempre. La seconda nella sua brevità è anch’essa emozionante , un’emozione che spesso provo quando in giro per Milano trovo queste persone che sembra mi chiedano solo di lasciarle dormire. Sento un profondo rispetto per quel loro sonno e non so quanto loro vorrebbero stare in una camera magari in un buon letto, o forse è solo la mia coscienza che mi spinge a pensarla in quel modo. La realtà è dura così vivida che spesso ci acceca. Ciao con affetto Emy

  2. Giuseppina Di Leo

    Non ci sono parole, è vero Emilia. Grazie.

    Trascrivo il commento di Giorgio Linguaglossa, che ringrazio, sulla poesia “L’uomo onda”:
    «È una poesia dal respiro ampio e austero, ha l’ampiezza dello sguardo sul mondo e la profondità della saggezza; inoltre le metafore e l’impiego delle immagini sono profondamente moderne, moderne nel senso del modernismo europeo (Transtromer, Zagajevski), immagini in movimento che obbligano il lettore ad inseguirle nel loro muoversi.» (Giorgio Linguaglossa)

  3. Strana poesia “L’uomo onda”, e strano anche il commento di Linguaglossa. La prima perché descrive la brutalità dell’uomo (inteso come specie, non come individuo) da una lontananza irreale, fuori dal tempo, inseguendo una metafora che lo descrive infelicemente per quello che dimostra di essere nella sua distruttività. Un bambino chiederebbe: perché? ma la metafora non lo dice, la metafora è un canto, è solo dolore. Linguaglossa parla di modernità, e malgrado quanto ne abbia detto confesso che ancora non mi è chiaro cosa intenda, oggi, a questo proposito. Forse per via di quella distanza spazio-temporale? non una casa, nulla che sia riconoscibile, solo una metafora che si fa racconto. E’ per questo? Per il racconto in se’, per la vicinanza con la visione filmica, per l’assenza di musicalità nella scrittura? Su Tranströmer sono perplesso, le sue metafore sono linguaggio che descrive in altro modo cose reali, ben riconoscibili, non hanno quasi mai valenze allegoriche. Almeno così sembra a me.
    “Il viale dei platani” ha il valore della testimonianza, e ben si collega alla prima poesia. Entrambe le poesie sembrano scritte da kali (la terribile divinità femminile hindu), in un suo raro momento di quiete. Io però, che sono come tutti un po’ bambino, quindi talvolta scioccamente ottimista, mi sarei contentato dell’Haiku che sta nei primi tre versi: ” Gitana addormentata in fondo al tuo vestito / a rose antiche. / Ah, guardare la strada ad altezza di naso!” ma certo la poesia avrebbe avuto tutt’altro significato. Ma Kalì furente non è bambina, è accecata dall’abisso del suo amore.

    • Annamaria Locatelli

      solo un commento…a me le poesie di Giuseppina Di Leo sono piaciute molto. La prima mi sembra la narrazione di un mito delle origini ma anche della fine, una poesia circolare. In tutti i miti c’é un’indeterminatezza spazio temporale. E’ la storia del conflitto tra uomo e natura, in cui l’uomo ,con la sua paura mascherata di aggressività, solo apparentemente risulta vincente. In un primo momento ho pensato ai conquistadores spagnoli arrivati dal mare come semidei sulle coste dell’America, accolti con ogni reverenza dagli indigeni., poi autori di terribili crimini. Ma non credo che il fatto , per altro ciclico nella storia,sia simile al racconto di Giuseppina, perchè il fiore, simbolo di ogni espressione naturale, così dignitoso e consapevole contrappone una difesa non violenta che a lungo termine, pur passando dall’esperienza del dolore, può affermarsi…la potenza dell’impotente . Ciò non significa porgere l’altra guancia, ma piuttosto non piegarsi ai metodi feroci. Per questo penso che sia una poesia circolare e ottimista. I

  4. Giuseppina Di Leo

    a Lucio Mayoor Tosi
    a Annamaria Locatelli
    Lucio, l’avermi paragonata ad una dea mi intimidisce non poco, se poi questa dea è la “furente” Kalì giuro che non sono io, sebbene il sentimento, terribile, della rabbia lo provi anch’io. La lettura che ne dai è bella però, per quel tuo porre l’accento sull’amore, o meglio sull’abisso dell’amore, cosa che condivido senz’altro.
    La poesia “L’uomo onda” è partita da un ‘impulso’ (non ancora idea), per prendere poi forma di poesia-racconto. Alla sua base vi è in primo luogo un senso di impotenza di fronte all’oscenità della violenza, intesa nelle sue molteplici manifestazioni. Tra queste, una è sicuramente il silenzio, messo in atto come annullamento dell’altro, cosa ben differente dall’altro silenzio, quello “prezioso” e condiviso d’amore.
    Il paradosso consiste nel notare come quest’ultimo sentimento, che necessita della luce per vivere, quando non espresso si trasforma in rancore, fino a portare alla violenza, o opposizione ‘perdente’ (Locatelli).
    L’elemento della sconfitta, come evidenzia Anna Maria, c’è dunque, ma, il conflitto, più che essere tra uomo e ambiente, è quello che l’uomo vive in se stesso come incapacità di esprimere ciò che ha dentro di sé.
    Il fiore pone un dubbio, ed è contro questo suo ardire che l’uomo si scaglia, fino a rimuoverlo in quanto prova di un avversato sentire.
    Mi piace che la poesia trasmette un messaggio ‘positivo’, che poi è quello del prendersi cura di chi si ama e, dunque, di sé.
    Vi ringrazio entrambi.

  5. alberto di paola

    MBAH!!!

Scrivi una risposta a Annamaria Locatelli Cancella risposta