da Latitudini delle braccia, deComporre Edizioni 2013
Per non dimenticare i nomi
ogni dito che conta è fuori posto, non tiene il computo,
la somma che invece si fa con la voce è rotta
e per questo c’è sempre l’assenza di un volto
a discolpare il pianto
LA LINEA GUSTAV
Vorrei cambiare nome agli inverni
tenendo più stretto il ricordo del freddo
il gelo nelle dita dei soldati
Veder sparare ancora i tedeschi
a denti serrati dall’alto del muraglione
con occhi che spezzano a vivo
la coda inerme degli sfollati
E cercarvi lì, tra i vecchi a coprire le madri,
le madri come rifugi per sagome minute
(tra il seno e la spalla, insenature
come porti per piccole teste
spaurite nella burrasca)
Sul paese come un’ombra la linea Gustav,
tracciato d’inchiostro sulle rovine,
il confine tra chi si butta a terra
prima o dopo lo sparo
[…]
Gli anni nascosti dietro la collina
ritrovati all’apice di un giorno:
adesso siamo il recinto di un giardino
dove nitido si scorge il filo spinato
A stringere questi nodi di memoria
è come mostrare il petto al nemico,
volersi ferire, rovesciando colori a terra,
far finta che non siano solo sangue
Con mani legate siamo in attesa
che si assesti di nuovo, colpo su colpo,
il battito sulla raffica
Del cuore rimane un proiettile irrisolto,
una traccia murale sfarinata.
Mentre la bocca è contro il muro
con la lingua si scioglie un sapore
di sabbia e calce viva che sa ancora
dell’attesa breve dei fucilati
*
a R.
Con l’alito delle bestie e il tepore
della paura, la guerra respira ancora
in quel ricovero, non si è spostata
di un giorno da quelle catene,
le mani chiuse dal freddo,
i muri ceduti delle case
Per questo tornerò a leccare la parte
vuota del bicchiere, unico superstite
di un tempo rovesciato sul tavolo,
che saprà di quel vino che macchia a fondo
e mostra il rosso dall’interno della giacca
Riconosco ancora i ganci del soffitto:
erano sempre stati lì per seccare la carne
o le altre cose buone da mangiare
Ma tu chiami
come se non ci fosse voce ad avvicinarsi,
fai poggiare un passo in più nel vuoto
sino a toccarmi
Rimango solo ad ascoltarti
e si chiude il cerchio attorno al buio:
la parte ruvida della corda che ti veste
mi sfiora, e ti sento quasi cadere dal soffitto
prima del silenzio definitivo
monocorde del cappio
Tragedie terribili qui descritte con una maestria che solo da un vivo ricordo possono scaturire. Il Cassinate , la tragedia dei bombardamenti e delle esecuzioni, resta in queste righe una grande testimonianza di dolore e di atroci ricordi. La partecipazione e l’emozione nel leggere questi versi è fortissima e paralizzante. Il poeta è riuscito a trasformare il dolore in una poesia sconvolgente. Grande.
Curioso leggere questi versi così duri e giusti appena finito di leggere
La Wehrmacht in Italia di Andrae Friedrich (dove è anche citato:
Auch gegen Frauen und Kinder.Oktober 1943 bis Oktober 1944;Die Deutsche Wehrmacht
hinterlies in Italien blutige Spuren der Vernichtung.(Die Zeit n.41 02/10/1992))
e nel bel mezzo di un, credo vano, tentativo di scrivere qualcosa che assomigli a una guida turistica
dedicata alla gioventù tedesca contemporanea.
…per assurdo una scena da presepe:
“con il bue e l’asinello si scaldava il bambinello”
“con l’alito della bestia e il tepore
della paura, la guerra respira ancora…”
Ma che mostro é? Ce lo portiamo dentro?